Dalle origini romane all’attenzione al cambiamento climatico: la storia della Tenuta di Sesta

Sono due le leggende sull’origine del nome di Tenuta di Sesta, cantina di Brunello posizionata nel versante meridionale di Montalcino, tra Sant’Angelo in Colle e Castelnuovo dell’Abate. La prima è che deriverebbe dalla “sesta” pietra miliare di un’antica strada di origine etrusca che univa Roselle a Chiusi, in cui sorgeva la Pieve di Santa Maria in Sexta (a testimoniarlo i numerosi ritrovamenti archeologici lungo il tracciato). L’altra ipotesi è legata alla posizione geografica: nell’orologio romano la sesta ora indicava il mezzogiorno, e in effetti tutta l’azienda è esposta a sud. Ad ogni modo, qualunque sia la vera origine, quello che è certo è che stiamo parlando di una delle tenute più storiche di Montalcino, presente già nel 714 nella Carta Aretina e passata prima nelle mani dell’Abbazia di Sant’Antimo e poi, dopo la soppressione di quest’ultima da parte di Papa Pio II nel 1462, in quelle della nobile famiglia senese dei Tolomei, che fece costruire una cappella in onore di Santa Caterina da Siena (tutt’ora esistente ma dedicata a Santa Petronilla). Nel 1850 la proprietà viene rilevata dai fratelli Felice e Giovanni Ciacci, originari di Castelnuovo dell’Abate, ed è qui che inizia la storia ultracentenaria della famiglia Ciacci, giunta oggi alla quinta e sesta generazione con Giovanni Ciacci e i figli Andrea, che si occupa di cantina e commerciale, e Francesca, che cura insieme al compagno Danilo Bertolo la parte agronomica e amministrativa.

“Dopo che nel 1963 morì il mio trisnonno Giovanni – racconta Francesca Ciacci – l’azienda fu divisa tra mio nonno Giuseppe e sua sorella Elisa, che prese altre strade. Nel 1966 è stata imbottigliata la nostra prima bottiglia di Brunello e solo l’anno dopo è arrivato il riconoscimento di Doc e la nascita del Consorzio”. Nel 1995 altra divisione: il babbo di Francesca, Giovanni, ottiene l’attuale proprietà, mentre alla sorella Giovanna va quella che oggi è conosciuta come Tenuta di Collosorbo.

La Tenuta di Sesta ha un’estensione immensa: dei circa 200 ettari solo un sesto è vitato (13 ettari a Brunello, 8 a Rosso di Montalcino e 12 a Sant’Antimo, declassato a Igt Toscana per motivi commerciali). Il resto è occupato da oliveti (45 ettari), seminativi (55 ettari) e bosco e macchia mediterranea, elemento distintivo del territorio di Montalcino. Da segnalare la particolarità del Brunello Riserva, prodotto a seconda dell’andamento stagionale nella parte est (nelle annate più fresche) o nella parte ovest (nelle annate più siccitose) dello stesso vigneto. Nel primo caso si chiama Riserva Duelecci Est (l’ultimo esempio è la 2013), nel secondo Duelecci Ovest (la prossima ad uscire, la 2015), così da definire il carattere dell’annata già in etichetta.

Per via della posizione geografica, negli ultimi anni l’azienda ha dimostrato una grande attenzione ai cambiamenti climatici. “Un fenomeno che, in quanto esposti a sud, ci riguarda molto da vicino – sottolinea Francesca – le estati molto fresche non ci danno mai noia e la maturazione in generale è sempre ottimale anche per la poca quantità di uva sulle piante. Le estati più calde come la 2017 invece ci mettono in difficoltà. Per questo da una decina di anni, su indicazione dell’enologo Lorenzo Landi, impostiamo i vigneti come se dovesse arrivare l’estate piu torrida di sempre. Manteniamo un “cappello” di foglie a proteggere i grappoli dal sole, e se la stagione si rivela meno calda iniziamo a defogliare. Un accorgimento particolare che consente al vino di mantenere la freschezza e di essere più profumato, più elegante. In questo modo la costruzione del vino nasce nella vigna. In caso di necessità utilizziamo poi un sistema di irrigazione a goccia, e abbiamo una camera a pressione per calcolare l’esigenza idrica nei nostri vigneti migliori. Rileva lo stress idrico della pianta prima che si veda ad occhio nudo, in modo da poter intervenire tempestivamente”. Quanto al futuro, in progetto ci sono un ampliamento della cantina e la costruzione di un nuovo pozzo. Con attenzione e lungimiranza, il cambiamento climatico fa meno paura.