Gli etruschi, i romani, il Brunello e il paesaggio inatteso: la storia di Camigliano

È stato abitato dagli etruschi, è passato alle dipendenze dell’Abbazia di Sant’Antimo e poi a quelle di Siena, condividendo la lotta per la difesa della libertà repubblicana alla metà del XVI secolo. Parliamo di Camigliano, storico borgo a sud-ovest di Montalcino abitato in passato anche da 150-200 persone, prima di uno spopolamento iniziato negli anni Sessanta del Novecento. “C’erano due scuole, tre osterie e due forni. Poi la gente ha inseguito il mito del posto fisso, cercando le fabbriche, le ceramiche, le banche. Attualmente ci vivono una ventina di abitanti”, racconta uno dei residenti, Gualtiero Ghezzi, al comando dell’omonima azienda vitivinicola proprietaria di buona parte del borgo stesso. Azienda che fu acquistata nel 1957 dal padre, Walter Ghezzi, imprenditore milanese nel ramo dell’edilizia e uno dei primissimi “forestieri” ad investire a Montalcino. “Cercava una grande proprietà e girò con mia madre per la Liguria, l’Umbria e la Toscana – spiega Ghezzi – a un certo punto finirono in mezzo a una tempesta e quando spuntò il sole si trovarono di fronte Camigliano. Fu amore a prima vista”. Dagli allevamenti alla cerealicoltura, l’azienda è stata per anni “polifunzionale”. Poi il vino (la prima vendemmia di Brunello risale al 1965) è diventato sempre più preponderante, fino a comporre oggi il 98% del fatturato.

Camigliano, che Gualtiero gestisce assieme a sua moglie Laura e alle figlie Silvia e Isabella, si estende su 530 ettari dei quali 200 di bosco, 150 di seminativi e 90 di vigneti (50 ettari a Brunello, 10 a Rosso di Montalcino, 20 a Sangiovese e altri 10 di vigneti vari come Merlot, Cabernet e Vermentino). Vengono prodotte annualmente 330.000 bottiglie, di cui metà di Brunello e 80.000 di Rosso di Montalcino. Completano la produzione la grappa e l’olio extra vergine d’oliva. Il simbolo dell’azienda è il cammello, e il motivo di questo bizzarro accostamento, secondo la leggenda, è dovuto alla disgregazione dell’Impero Romano e alla formazione delle prime corporazioni di arti e mestieri. Una di loro scelse probabilmente come elemento il cammello (in realtà era un dromedario, ma all’epoca non esisteva una differenza tra le due tipologie), forse perché quell’animale era ancora in uso come mezzo di trasporto. Curioso come Camigliano a Montalcino e Camigliano in Provincia di Caserta abbiano entrambi lo stesso stemma e siano equamente distanti da Roma.

Dalla selezione delle migliori vigne di Camigliano nasce il Brunello di Montalcino Paesaggio Inatteso, la cui etichetta richiama un quadro di casa Ghezzi che raffigura un piccolo borgo dentro un grande albero. “In passato Camigliano era davvero un paesaggio inatteso – dice Gualtiero – quando ci volevano 40 minuti in auto per arrivare da Montalcino si presentava all’ultimo minuto. Vedevi solo campagna e non ti aspettavi di trovare, all’improvviso, un borgo”. Il paesaggio, è questa la parola chiave. “Chi viene qui vede ancora la Toscana d’altri tempi, è l’agricoltura ad essersi adattata al paesaggio e non viceversa”. Stessa cosa per le opere dell’uomo. La cantina, completamente restaurata e dotata di tecnologie di ultima generazione, nonostante la sua estensione di 4.000 metri è invisibile: la parte superiore è un prato, il fianco è diventato un bosco. Qui Gualtiero ha fatto valere i suoi studi da ingegnere, professione che ha esercitato per dieci anni.

L’attenzione verso la natura spiega anche la scelta dell’agricoltura biologica. “Abbiamo iniziato con un pizzico di apprensione e invece adesso siamo molto entusiasti. Sono aumentati i fiori, gli insetti, si percepisce un beneficio generale per tutto l’ecosistema”. E poi c’è il sociale: l’azienda, tramite un supporto logistico e operativo, appoggia le iniziative della piccola comunità a cominciare dalla celebre Sagra del Galletto, festa enogastronomica che si tiene a inizio ottobre ormai da 45 anni. Quanto ai progetti, conclude Gualtiero Ghezzi, “pensiamo a migliorare sempre di più la qualità, a fare attenzione ai cloni e al quantitativo di piante per ettaro e a rinnovare parte dei vigneti più vecchi. Quelli in produzione vanno da un massimo di 25 a un minimo di 12 anni”.