Tra i vigneti di Brunello sulle note di Mozart. La storia di Carlo Cignozzi e del suo Paradiso di Frassina

Tra i vigneti di Brunello sulle note di Mozart. La suggestiva storia di Carlo Cignozzi e del suo Paradiso di Frassina, antico podere lungo le pendici della collina di Montosoli, poco distante da Montalcino, ha fatto il giro del mondo. Giornali, riviste e televisioni hanno dedicato spazio a quella che lui definisce “un’intuizione”, la musicoterapia applicata alla vite, che ha poi descritto accuratamente nell’autobiografia edita da Rizzoli, “L’uomo che sussurrava alle vigne” (a breve uscirà anche un docufilm svedese).

Cignozzi, avvocato milanese, arriva a Montalcino quasi per caso, all’inizio degli anni Settanta. “Venni a trovare un amico di Buonconvento che aveva fatto con me il militare – ricorda – e ci fu la possibilità di comprare qualcosa a buon prezzo. Cinquant’anni fa la terra la regalavano, il Brunello non lo conosceva quasi nessuno”. Insieme ad altri amici fonda due aziende oggi tra le più rinomate del territorio, Altesino e Caparzo, e si concentra poi su quest’ultima, che nel 1998 vende ad Elisabetta Gnudi Angelini. “Era diventata una realtà troppo grande, i soci aumentavano e volevo starmene da solo. Mi presi un anno sabbatico e scoprii un podere completamente abbandonato, sin dai tempi della guerra. Capii subito che c’era qualcosa di magico”. Quel podere è il Paradiso di Frassina, che Cignozzi trasforma in azienda agricola biologica impiantando 4,5 ettari, 3 a Brunello e 1,5 a Rosso di Montalcino. Ma la svolta arriva con la musica. “Sono sempre stato un discreto musicista e sapevo che in Oriente, dall’India alla Cina, dalla Corea al Giappone, sperimentavano la musica su soia, riso, fiori e frutti. È stata una mia intuizione, pensai che forse l’energia delle frequenze potesse avere effetti benefici sulla vite. Un ingegnere tedesco mi aiutò ad istallare una quindicina di altoparlanti nel vigneto, poi si interessarono il professor Stefano Mancuso dell’Università di Firenze, grande studioso dell’intelligenza delle piante, e Andrea Lucchi dell’Università di Pisa. Nacque una collaborazione, iniziarono i primi studi. E arrivò il boom mediatico: 44 televisioni da tutto il mondo vennero ad osservare questa metodologia”.

Tra i tanti che ricevono la notizia c’è Amar Bose, visionario imprenditore americano di origini indiane scomparso nel 2013 e fondatore della Bose Company, azienda leader per la diffusione del suono. “Mi disse che suo nonno alla fine dell’Ottocento faceva esperimenti musicali con piante, fiori e frutti a New Delhi e decise di aiutarmi. Mi regalò 120 diffusori Bose e finanziò per sei anni le ricerche universitarie”.

Cignozzi tiene a precisare che non si tratta di un’operazione pubblicitaria. “A Montalcino si era creata questa diceria, che il mio fosse un espediente di marketing per attrarre e stupire i visitatori. Non è così. È il risultato di una seria e approfondita ricerca agronomico-enologica condotta e sostenuta da tre dipartimenti universitari (Firenze, Pisa e Arezzo)”. Quali sono questi effetti benefici? “La musica allontana gli insetti dai campi e accelera il metabolismo delle piante. Le frequenze sonore entrano in contatto con l’energia della pianta e creano una sorta di accrescimento della linfa vitale. Nascono più foglie, più resistenti e più verdi, che si difendono da funghi e malattie permettendoci di ridurre al minimo zolfo e rame. Inoltre la musica migliora la qualità dell’uva e quindi del vino. I grappoli sviluppano una buccia più resistente e con più polifenoli, che contengono gli antociani che danno colore, i flavonoidi che danno profumo e i tannini che danno il corpo”. Le ricerche sulla musicoterapia non si fermano. “Sto pensando di fare altri studi con l’impianto di irrigazione: centinaia di metri di tubo, molto più economico e più efficace, dove far passare invece dell’acqua il suono, per dare musica a tutto il vigneto, sia la parte bassa che alta”.

Dopo aver provato con musiche sacre e barocche, Cignozzi ha scelto di utilizzare esclusivamente le opere di Mozart. “Nei suoi brani segue al 60% le sequenze matematiche del matematico Fibonacci, che si ritrovano nella natura. Mozart è come se fosse un compositore della natura, la sua è la musica che più vi si avvicina. Non a caso è tutt’ora l’autore più ascoltato nel mondo. Il professor Mancuso ha sperimentato anche differenti generi: se spari il volume a 5-6.000 Hertz le piante si danneggiano, muoiono”.

Le note musicali vengono propagate in flusso continuo, giorno e notte (“si deve creare una cappa sonora per l’habitat”, precisa Cignozzi), ma in modo differenziato, per far emergere le differenze. Alcuni vigneti non ricevono per niente musica, altri per metà, altri interamente. È il caso dei filari che producono il Brunello Riserva Flauto Magico, dove i grappoli sono quelli più vicini ai diffusori. Il Brunello annata invece si chiama “Moz Art Wine”, mentre il Rosso di Montalcino è dedicato a Gea, l’ultima figlia di Carlo. In totale si producono 30-40.000 bottiglie l’anno, di cui circa 15.000 di Brunello.

Cignozzi ha brevettato la metodologia sia in Italia (limitata alla Vitis vinifera) sia in Europa. “Sono contento di essere solo, mi avessero copiato tutti non sarei più così esclusivo. Chissà, magari in futuro quando sarò un produttore di “cult wine”, potrò valutare proposte per un brevetto internazionale, o può darsi che i miei figli decidano di sviluppare una new company con degli investitori”.

Il Paradiso di Frassina dispone anche di un agriturismo con piscina, riaperto da poco dopo il Covid-19. “I maggiori clienti sono gli americani – spiega Carlo – ma quest’anno saranno gli ultimi ad arrivare. Mi piacerebbe ci fossero più italiani, che tendono ad essere più diffidenti. L’emergenza sanitaria? Ne usciremo a testa alta, ho grande fiducia nel Consorzio del Brunello, deve dare una mano alle piccole e medie aziende”. Consorzio di cui Cignozzi è stato in passato sindaco e consigliere. “Ho promosso tante iniziative a favore dell’unicità del Brunello. Una me la ricordo bene: volevano far passare un decreto per denominare Brunello tutto il Sangiovese prodotto nella provincia di Siena. Appena lo seppi scesi da Milano, andai a prendere il presidente del Consorzio Bruno Ciatti e ci dirigemmo a Roma. In dieci giorni, dopo una denuncia alla procura, sparii questo piano e salvammo il Brunello. Mi sento un decano di questo territorio, che si è impegnato sia come produttore che come avvocato per difendere la purezza del Sangiovese”.