Il miracolo del Brunello, l’amore per la terra e per Montalcino: la storia di Baricci

Montalcino è passato in 50 anni da uno dei comuni più poveri della Toscana ad uno dei più ricchi e famosi al mondo. Uno degli esempi più eclatanti di questo miracolo economico e sociale arriva da Baricci, azienda fondata nel 1955 da Nello Baricci, figlio di mezzadri, amante del lavoro e della terra e dotato di una straordinaria lungimiranza. Nello, fratello di latte di Franco Biondi Santi, sopravvisse al bombardamento di Pisa da parte degli americani durante la Seconda Guerra Mondiale e, una volta tornato a Montalcino, decise di andare controcorrente. Erano gli anni del totale abbandono delle campagne e della forte migrazione verso le città, il Brunello era un vino sconosciuto, prodotto in piccola quantità e solo da pochissimi appassionati. Mentre i fratelli di Nello cercavano altri lidi (Savona, Torino, Firenze…) lui rimase lì, a Montalcino, per via di quel suo legame viscerale con la terra e perché credeva fortemente nelle potenzialità del Sangiovese. Con i risparmi di una vita acquisì il podere Colombaio a Montosoli, scelta non casuale. “Sin da giovane – amava raccontare Nello – sentivo parlare dei vini di Montosoli come i migliori a Montalcino. A quei tempi ogni anno l’Enoteca Italiana di Siena organizzava il concorso dei vini e quelli della Fattoria vincevano sempre il primo premio. Quando decisi di investire i miei sudati risparmi e riciclarmi da mezzadro a proprietario, non ebbi dubbi sul luogo da scegliere per la mia proprietà”.

Nello Baricci fu il primo ad insediarsi nella zona settentrionale di Montalcino, Montosoli, oggi tra i cru più pregiati del territorio, e fu uno degli artefici, nel 1967, della nascita del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, di cui divenne vicepresidente. Fu anche il primo firmatario dello statuto e il primo ad iscrivere i vigneti all’Albo del Brunello presso la Camera di Commercio di Siena. “Per questo sulla mappa dei produttori Baricci è il n. 1 – spiega suo nipote Francesco Buffi, adesso alla guida dell’azienda con il fratello Federico e i genitori Graziella e Pietro – mio nonno, gli altri produttori e il sindaco Ilio Raffaelli furono dei visionari. Il successo mondiale di Montalcino è partito da loro, in 50 anni hanno tirato su qualcosa di irripetibile. Un miracolo economico, ma anche sociale, perché erano alla pari, avevano tutti la stessa importanza”.

Federico Buffi è l’enologo di famiglia, mentre Francesco, che si occupa di marketing e commerciale, da un anno si è trasferito a New York per costruire un brand ancora più forte, internazionalizzare il nome di Baricci e crescere a livello professionale e aziendale. “È una bellissima esperienza – continua Francesco – che sto vivendo fianco a fianco con il nostro importatore e distributore. Sta andando molto bene nonostante la pandemia. Abbiamo raddoppiato le vendite in Nord America, il progetto è di farlo diventare la locomotiva del nostro mercato internazionale. L’export vale l’85-90%, esportiamo in 21 Paesi diversi. Gli scenari futuri? Il Brunello gode di un grandissimo blasone, negli Usa è la denominazione italiana più importante e ha sofferto meno rispetto ad altri vini, grazie all’attesa annata 2015 e al fatto che il suo consumatore medio risente meno della crisi”.

L’azienda Baricci si estende per 12 ettari, 5 dei quali impiantati a Brunello (se ne producono annualmente 16.000 bottiglie). Il Rosso di Montalcino (18.000 bottiglie) proviene dal declassamento dello stesso Brunello, mentre la Riserva, prodotta solo in annate eccezionali, porta il nome e la firma di Nello. “Mio nonno – racconta Francesco Buffi – si è ritirato a 89 anni, dopo ben 82 anni di lavoro in vigna. Era il 2010, grande annata, e a me e mio fratello ci è venuto naturale fare l’unica cosa che lui non aveva fatto, la Riserva. Che doveva portare il suo nome. Quando è uscita, nel 2016, e ha saputo che era l’etichetta definitiva, che sarebbe rimasta così per sempre, ha detto: allora posso anche morire. Ci ha lasciato l’anno successivo. Ma Nello rimane nei nostri cuori, rimane in ognuno di noi. Lui, insieme ad altre figure storiche di Montalcino, è un patrimonio di tutti. La speranza è che i produttori di Brunello non vedano soltanto questa attività come puro business, ma che abbiano dentro l’orgoglio che lui aveva verso questa terra. L’orgoglio di poter raccontare una realtà nata dal niente, dalla povertà, e che ora è un’eccellenza italiana esportata in tutto il mondo”.