Dalle epiche battaglie della Repubblica di Siena alla nascita del Brunello: la storia di Conti Costanti

I Conti Costanti, patrizi senesi del XV secolo, entrano nella storia di Montalcino nel 1555, con le epiche battaglie che portano alla creazione della Repubblica di Siena in Montalcino, ultima roccaforte dell’indipendenza senese. Scipione Costanti si segnala per il suo eroismo nella difesa della città e suo figlio Marco Antonio vive i suoi primi anni in mezzo alle tragiche vicende che accompagnano la capitolazione della Repubblica, avvenuta nel 1559. I Costanti decidono di rimanere a Montalcino dove entrano in possesso di vasti tenimenti, dall’originario Colle al Matrichese al Castello di Bibbiano. Da quel momento la loro storia si confonde con quella del territorio, a cominciare dal vino. Il nome dell’avvocato Tito Costanti compare tra gli intellettuali (i Santi, i Padelletti, i Galassi, gli Anghirelli, i Paccagnini…) che nella seconda metà dell’Ottocento inventano il Brunello. “Ebbero due grandissime idee – ricorda Andrea Costanti, oggi alla guida di una delle più prestigiose cantine di Montalcino – la prima fu di pensare a un grande vino, la seconda fu di farlo valorizzando il vitigno del luogo. Il nome “Brunello” nasce dal colore scuro, bruno, del Sangiovese puro, una volta tolte le altre uve, sia rosse che bianche (una pratica diffusa allora in Toscana)”. Nel 1870 Tito Costanti presenta all’Esposizione Vinicola della provincia di Siena un Brunello prodotto nella vendemmia 1865, e dunque con cinque anni di invecchiamento (proprio come adesso). In più, c’è anche un vino dell’annata 1869. Un vino più giovane, una sorta di Rosso di Montalcino “ante litteram”.

A dare i connotati di una vera e propria realtà vitivinicola ci pensa invece Emilio Costanti, medico, viticultore e tra i fondatori del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, nel 1967. Emilio amplia la commercializzazione del vino di Colle al Matrichese, l’area su cui oggi si basa l’azienda, e riprende e perfeziona l’antica etichetta di famiglia, tutt’ora in uso.

Nel 1983, quando entra in azienda suo nipote Andrea, gli ettari vitati sono meno di due. Adesso sono circa dieci, di cui sei a Brunello, per una proprietà di 20 ettari tra oliveto, seminativo e bosco, con un terreno nella zona di Montosoli in cui si produce Rosso di Montalcino e un Merlot che finisce sul mercato come Igt Toscana dal nome “Ardingo”, in omaggio al cavaliere Ardingo della Gherardesca. Oltre al Brunello e alla Riserva viene prodotto un Rosso di Montalcino Vermiglio, una via di mezzo tra Brunello e Rosso di Montalcino sia per invecchiamento, sia per fascia di prezzo e sia per grafica della bottiglia. “Vermiglio – sottolinea Costanti – è il nome del nostro vecchio Rosso di Montalcino prima dell’arrivo della Doc nel 1984. L’ho ritirato fuori per l’annata 2014. Dopo due anni di affinamento in legno (quindi uno in più del Rosso e uno in meno del Brunello, ndr), decisi di non produrre il Brunello e di declassarlo a Rosso, dandogli questo appellativo”.

Eleganza, espressione della bellezza olfattiva, un ventaglio aromatico più ampio, vini longevi e complessi (lo dimostra il primo posto del Brunello 2012 nella Top 100 Cellar Selections 2017 di Wine Enthusiast) ma allo stesso tempo anche pronti da bere subito, sempre rispettando la tradizione di Montalcino: sono questi i punti che segnano la linea di Andrea Costanti. Che continua a praticare la vendemmia come una volta, con una ventina di ragazzi che si fermano a pranzo in azienda e festeggiano la fine della raccolta con una serata di musica. “Nella gestione aziendale siamo presi dall’aspetto commerciale e promozionale, dalle preoccupazioni finanziarie – conclude Andrea Costanti – ma alla fine non bisogna scordarsi che la nostra occupazione primaria è fare il vino, e la vendemmia è il coronamento di un anno di lavoro, il momento più importante e più bello della stagione”.