Dalla Brianza al Brunello, protetta dalla dea dei frutti: la storia di Villa Poggio Salvi

Viso di donna e capelli d’uva, da oltre quarant’anni Pomona, la dea romana dei frutti e dell’abbondanza del raccolto, caratterizza le etichette di Villa Poggio Salvi, azienda di Brunello che trae il suo nome da un toponimo, Poggio Salvi, chiamato così perché nel Medioevo gli abitanti della Maremma, per sfuggire alla malaria, cercavano rifugio in zone più alte e salubri (da lì Poggio Salvi, poggio della salute e della salvezza). Il termine “Villa” nel nome è stato aggiunto dopo da Pierluigi Tagliabue, ingegnere brianzolo che nel 1979, conquistato dalla bellezza del paesaggio toscano, acquistò quest’azienda come casa di campagna. “Inizialmente non aveva di certo l’idea di fare vino”, spiega il nipote ed enologo Luca Belingardi, oggi amministratore di Villa Poggio Salvi. Partendo da una cantina piccolissima e un paio di ettari di Brunello, Tagliabue ha ampliato la realtà fino ai 21 ettari attuali (a cui si sono aggiunti a fine anni Novanta altri 20 ettari nel Chianti), dei quali 15,5 di Brunello, 3,5 di Rosso di Montalcino, 0,5 di Moscadello e la restante parte a Sant’Antimo. 60.000 le bottiglie annue di Brunello, 2-3.000 quelle di un cru, il Brunello Pomona dedicato alla dea romana.

La cantina, interrata sotto la villa e integrata perfettamente con l’ambiente circostante, ha conosciuto diversi ampliamenti. L’ultimo è stato fatto dal rinomato studio EMBT di Barcellona (creato da Enric Miralles e Benedetta Tagliabue, figlia di Pierluigi), che ha curato grandi progetti come il Parlamento di Scozia, il Padiglione spagnolo dell’Expo e il Mercato di Santa Caterina di Barcellona.

Villa Poggio Salvi esporta il 70% del prodotto, principalmente in Usa, Canada, Nord Europa, Asia e Brasile, e da tempo ha aperto ai canali moderni. “Un po’ per intuito e un po’ per fortuna è da tanti anni che commercializziamo online. Questo ci ha permesso di sopperire alla chiusura dell’Horeca. Abbiamo praticamente esaurito il Brunello 2015 e un terzo è stato venduto online (il doppio rispetto agli scorsi anni). Sono dell’idea che è importante diversificare più che concentrare la gran parte del prodotto su uno o due canali. Anche se produrre uno dei vini più prestigiosi al mondo è certamente una garanzia”.