Lì dove un tempo si facevano mattoni adesso nasce il pregiato Brunello: la storia de La Fornace

Lì dove un tempo si facevano mattoni adesso nasce il pregiato Brunello. Parliamo de La Fornace, azienda di Montalcino che trae il suo nome da una fornace attiva già sul finire del Quattrocento, adesso in parte riconvertita in cisterna d’acqua. Negli anni Sessanta il podere passa nelle mani del mezzadro Giuseppe Giannetti: si tratta di appena due ettari di cui una piccola vigna di mezzo ettaro, il cui vino sfuso viene venduto alle cantine più grandi. I due passi successivi sono l’acquisto di altri terreni, nel 1975, con l’arrivo del figlio Franco, e la commercializzazione del Rosso di Montalcino (1987) e del Brunello (1988). “L’avventura col Brunello, come tanti altri piccoli produttori, è iniziata dopo la gelata del 1985, che ha danneggiato gli olivi e ha dato una forte spinta verso la viticoltura”, ricorda il nipote di Giuseppe e attuale proprietario de La Fornace, Fabio Giannetti, entrato in azienda nel 1998. “Finiti gli studi e il militare avevo preso un’altra strada, ma poi decisi di continuare l’attività di famiglia. Sono nato e cresciuto qui, mi sarebbe dispiaciuto tantissimo interrompere questa tradizione”.

Fabio, supportato dal babbo che a 84 anni non si arrende, “anzi, guai a dirgli di mettersi a sedere altrimenti si arrabbia!”, conduce un’azienda di circa 7 ettari di cui 2 di oliveto e 4,5 a Brunello, con vigneti che vanno dai 4 ai 46 anni di età. La produzione è molto limitata. “Potenzialmente potremmo arrivare a 25.000 bottiglie annue, ma non abbiamo mai superato le 16.000, di cui 6.000 di Brunello, 6.000 di Rosso di Montalcino, 1.200 di Brunello Riserva e 1.200 di Brunello “Origini”, che nasce quasi per gioco, nel 2012. Più che una selezione è una parallela, l’idea era di dare vivacità alle annate estremamente calde. Un vino fatto vecchio stile, con % di uva con raspo, niente controlli della temperatura, vinificazione classica e affinamento di tre anni in botte più vecchia per preservare maggiormente il profumo del Sangiovese”.

Nel corso degli anni La Fornace si è aperta al mondo intero per la commercializzazione del suo Brunello. “La parte più rilevante la riveste l’America, con Usa, Brasile e Messico – sottolinea Fabio Giannetti – poi abbiamo Europa, Giappone, Russia, Australia (soprattutto col Rosso di Montalcino), Sudafrica, Repubblica Domenicana. E l’Italia, con un 6-10%. Preferisco non dare più del 10% ad ogni importatore per avere più stabilità. Come è andato il 2020? Devo essere sincero, sono contentissimo. Il Brunello è finito da più di un mese, l’allerta dei dazi Usa ha influito tanto. Forse c’è più preoccupazione per il 2021, ma come quest’anno uscirà un’altra bella annata, la 2016. E poi la voglia di bere non passa mai, specialmente quella di bere un vino con un brand così importante come il Brunello”.

Ad “addolcire” quest’anno così funesto è stata l’ottima vendemmia che si è appena conclusa. “Qualitativamente sono molto contento, sia dall’assaggio che dalle analisi emergono vini con bellissimo equilibrio, le strutture, i colori e i profumi sono fantastici. Non c’è tantissima uva, per quanto mi riguarda ho avuto un calo del 40% rispetto all’anno scorso, che è stato comunque eccezionale comunque annata. Ma quando l’uva è bella, importa poco se ce n’è un po’ meno. E sono piacevolmente sorpreso da questa raccolta. È una bella fortuna vivere in un paradiso come Montalcino, ci regala sempre delle bellissime soddisfazioni”.