Il Brunello, il wine wedding e quell’antico mulino all’origine del nome: la storia di Molino di Sant’Antimo

Carlo Vittori, geometra di San Quirico, iniziò ad appassionarsi di vino per lavoro, dopo una serie di consulenze a delle cantine di Brunello già conosciute e consolidate. Questa passione lo portò, all’inizio degli anni Ottanta, ad acquistare di un terreno nella zona sud-ovest della collina di Montalcino, vicino a Castelnuovo dell’Abate. “Erano terreni incolti, pressoché abbandonati e senza vigneti”, racconta la figlia Valeria, enologa di famiglia. Dal nulla, quindi, Carlo Vittori ha creato l’azienda Molino di Sant’Antimo, che deve il nome ad un antico mulino all’interno della proprietà. “Si chiamerebbe Molino Arrighi – spiega Valeria Vittori – dal nome della famiglia che lo aveva edificato, ma noi lo chiamiamo di Sant’Antimo perché è posizionato proprio sotto l’Abbazia. Babbo lo acquistò dai Ciacci di Tenuta di Sesta, per i quali aveva fatto qualche lavoro da geometra. Cercava un podere vicino ai vigneti per una sede aziendale, e fra un bicchiere e l’altro è nata la proposta di rilevare questo mulino. La prima volta non riuscì a trovarlo, la seconda volta capii che non sarebbe stata un’impresa semplice. Era abbandonato da secoli, ricoperto di alberi, terra, sterpaglie. Ha pensato: che ho combinato? Ma piano piano, con tanta pazienza, si sono completati i restauri e abbiamo scoperto la storia di questo mulino, decidendo di dare il nome di Mulino di Sant’Antimo all’azienda”.

Un’azienda che conta 30 ettari tra bosco, oliveto e 11 ettari di vigneto (4 a Brunello, quasi 2 a Rosso e il resto a Sant’Antimo). In media si producono 80.000 bottiglie di cui 10-15.000 di Rosso di Montalcino e 20-25.000 di Brunello tra annata e, nelle raccolte migliori, la Riserva (appena 2.500 bottiglie). “Dal 2017 siamo ufficialmente biologici in campagna, il progetto futuro è di diventare bio anche in cantina”, sottolinea Valeria. L’export vale l’80%, e i mercati principali sono Usa e Canada e a seguire Nord Europa e Brasile.

Valeria Vittori è entrata in azienda nel 2012 dopo la laurea in Enologia. “Mi occupo della parte tecnica, mia sorella Giulia cura il lato commerciale, babbo i vigneti e mamma Susanna la contabilità e l’accoglienza”. E proprio l’enoturismo è il settore su cui il Molino di Sant’Antimo ha puntato fortemente negli ultimi anni. Il mulino è stato riconvertito in agriturismo e offre una location esclusiva e romantica che si affaccia sui paesaggi unici della Val d’Orcia patrimonio Unesco. “Abbiamo appena aperto al wine wedding, avevamo già due prenotazioni ma poi è arrivato il Covid. L’idea è di ospitare matrimoni piccoli, riservati, fino a 60 persone. Sull’enoturismo ci crediamo molto perché ci siamo accorti che comunicare il mondo del vino in questo modo è tutta un’altra storia. Far toccare con mano al consumatore finale la nostra realtà, la nostra filosofia, la nostra famiglia, è un valore in più. Ed è tutto più bello e coinvolgente”.