Brunello, golf e accoglienza di alto livello, per offrire ai winelovers un’esperienza unica: la storia di Castiglion del Bosco

“Sono arrivato nel 2001, era una splendida giornata di sole. Ogni luogo all’interno della tenuta, con le sue vigne di Brunello, parlava al mio cuore e risvegliava la mia anima. Mi sono emozionato di fronte a quelle viste sconfinate e a quegli scorci che solo la Val d’Orcia sa regalare: non avrei mai immaginato che potesse ancora esistere una Toscana così magica. È stato amore a prima vista”. Massimo Ferragamo, figlio di Salvatore Ferragamo, il fondatore dell’omonima casa di moda italiana, racconta così il primo giorno in cui vide e si innamorò di Castiglion del Bosco, tenuta di Montalcino la cui storia inizia in epoca etrusca, prosegue in età romana (lo testimonia la necropoli trovata lungo il fosso del Dragone) e nel medioevo, tra assalti, contese e passaggi di grandi famiglie senesi, da Ciampolo Gallerani (si ritiene che una delle sue discendenti, Cecilia Gallerani, sia la fanciulla ritratta da Leonardo da Vinci nel famoso dipinto “Dama con l’Ermellino”) ai Piccolomini, che portarono l’arte illustre di Pietro Lorenzetti, che nella piccola chiesa del borgo lasciò la sua preziosa Annunciazione dei Santi (l’affresco è oggi visibile in tutta la sua bellezza all’interno della stessa chiesa).

Da più di 800 anni Castiglion del Bosco non ha modificato i suoi confini e per diversi secoli ha vissuto come se fosse un mondo a parte, un piccolo borgo con la sua scuola, le sue scuderie e la sua agricoltura, fatta di seminativi, olivi e ovviamente viti. Viti passate anche ai Biondi Santi e poi via via ad altri proprietari, fino al 1967, quando Castiglion del Bosco è uno dei soci fondatori del Consorzio del Brunello. Poi, dopo anni di abbandono, viene riportata allo splendore da Massimo e Chiara Ferragamo, proprietari dal 2003, che danno inizio ai lavori di restauro dei siti storici, la ristrutturazione del borgo e delle ville, l’ammodernamento degli impianti e un nuovo impulso all’innovazione nella produzione vinicola.

“La tenuta era veramente ridotta male – ricorda Ferragamo – e mi rendo conto che forse soltanto adesso, che stiamo arrivando al diciottesimo anno, comincio a vedere quello che avevo in mente all’inizio. Ci vuole del tempo, nel Brunello ancora di più. Quando arrivai i terreni erano eccezionali, i vigneti erano stupendi, ma non c’era solo da riprendere in mano la parte vitivinicola. C’era una dote di 2.000 ettari, l’attività agricola, gli immobili cadenti e senza tetto, case coloniche abbandonate da anni al loro destino. Pensai a come far rivivere questa proprietà, a dargli un senso come cent’anni prima, quando era una comunità. Così, mentre dal lato vitivinicolo sono subito partiti i lavori della cantina, conclusi in un anno (l’inaugurazione nel 2004, lo stesso anno in cui esce la prima annata di Brunello di Montalcino Campo del Drago 1999), abbiamo iniziato a ragionare su attività che potessero essere complementari al vino, per offrire ai visitatori un’esperienza unica”.

Tra il 2008 e il 2009 Castiglion del Bosco inaugura le prime nove ville destinate agli ospiti (oggi il resort di lusso è gestito da Rosewood Hotels & Resorts), nel 2009 iniziano i lavori, completati un anno più tardi, del Golf Club, l’unico privato in Italia: un magnifico campo da 18 buche progettato da Tom Weiskopf che ha ospitato, tre anni fa, Barack Obama. Su questo episodio Ferragamo racconta un aneddoto simpatico: “era maggio, trascorse dei momenti piacevoli e tornò anche il giorno dopo. Era con un suo amico che vinse un premio speciale. Noi abbiamo 18 buche più una diciannovesima, utilizzata nel golf per gli spareggi, che chiamiamo “buca del Brunello”. Ho stabilito una regola: chi centra la buca con un tiro solo riceve una magnum di Brunello. E l’amico di Obama è riuscito a vincerla. Solo un’altra persona finora ha centrato questo traguardo”.

“Sono felicissimo di come stanno andando le cose, l’area Hospitality, il golf e la parte vinicola si completano a vicenda”, continua Massimo Ferragamo, che vive a New York, ricopre la carica di presidente di Ferragamo Usa ma dedica tanto tempo e attenzione alla sua attività in Italia. “Non è un gioco, è una cosa seria. Certo, fatta con passione diventa anche un divertimento. Ho le persone giuste che portano avanti il lavoro a Montalcino, a partire dall’amministratore delegato Simone Pallesi. In Toscana ho lasciato il cuore, ogni volta che vado via da Castiglion del Bosco provo sempre la stessa sensazione che ebbi la prima volta, un mix di dispiacere e nostalgia”.

La maggior parte dei 2.000 ettari della tenuta di Castiglion del Bosco è costituita da fitti boschi, dove ancora adesso trova rifugio una ricca varietà di fauna locale. Un’altra parte importante è destinata a seminativi biologici. I vigneti ricoprono 62 ettari vitati esclusivamente a Sangiovese, di cui 51 a Brunello. Sono suddivisi in due zone completamente diverse per aspetto, terreno e condizioni climatiche: Gauggiole, il vigneto di 20 ettari nel versante nord dell’azienda, e Capanna, di 42 ettari, nella parte a sud. La tenuta comprende anche 20 ettari di uliveti.

La produzione media annua si attesta su circa 250.000 bottiglie. Nello specifico le etichette di Brunello di Montalcino DOCG prodotte in media sono: Brunello Etichetta Classica (tra le 120.000 e 150.000 bottiglie), Brunello Campo del Drago (tra le 6.000 e le 10.000 bottiglie), Brunello Millecento Riserva (tra le 10.000 e 15.000 bottiglie, nato nel 2010 per omaggiare l’anno di costruzione della Fortezza di Castiglion del Bosco), e un’edizione limitata di Brunello Zodiaco (appena 900 bottiglie), che prende il nome da una piccolissima parcella di vigneto, con la migliore posizione. Ogni annata viene celebrata con un’etichetta personalizzata, dedicata al simbolo corrispondente dello Zodiaco Cinese, interpretato da rinomati artisti asiatici. Dal 2015 viene prodotto il Rosso di Montalcino cru Gauggiole. L’azienda, dal 2016, ha la certificazione biologica.

Quali sono, secondo Ferragamo, gli scenari per il Brunello nel mercato mondiale e in particolare negli Usa dopo il Covid-19? “Partendo dal presupposto che le difficoltà le hanno avute tutti e quindi anche noi – risponde – il Brunello sarà uno dei primi a ripartire. Perché i nostri vini, e con nostri intendo tutti quelli di Montalcino, sono fantastici, sono apprezzatissimi. E perché abbiamo sostanza, non vendiamo fumo. E poi le annate 2015 e 2016 sono spettacolose. James Suckling, per citare l’ultimo esempio, le paragona ai più grandi vini del mondo”.

Sono quasi passati cento anni da quando il padre di Massimo, Salvatore Ferragamo, aprì un negozio di scarpe a Hollywood (1923), per dare il via a una storia di un successo nato quasi dal nulla. E, in un certo senso, potremmo fare un parallelo con il Brunello e Montalcino, sessant’anni fa tra i comuni più poveri d’Italia e adesso uno dei più famosi e prestigiosi. “Mio padre, per arrivare dove è arrivato, ha passato diverse difficoltà e ha sopportato tante sofferenze – continua Massimo Ferragamo – però si è sempre rialzato più forte di prima. Anche in questi giorni complicati penso a lui, alla sua autobiografia che, insieme ai racconti di mia madre, mi consentono di farmi un’idea di lui, come se lo conoscessi, visto che avevo 3 anni quando se ne è andato. In alcuni momenti ci si sente persi, specialmente chi adesso lavora nel campo dell’ospitalità, della ristorazione. La mia mente va allora a mio padre, a come si è fatto forza ed è ripartito con più decisione. E quando leggo la storia di Montalcino, di come è uscita dalla guerra, è vero, trovo dei parallelismi. La sofferenza e il sacrificio insegnano parecchio, si diventa più forti. L’importante è non dimenticarselo, rimanere sempre umili. Questa pandemia ci ha insegnato che tutto può cambiare in un secondo, essere spavaldi non serve a niente. Venendo al futuro, penso che a Montalcino c’è ancora tanto da fare e da imparare, ma abbiamo la fortuna di avere un territorio spettacoloso, sia da un punto di vista estetico che tecnico. Si producono vini unici, il Sangiovese si sposa con la Toscana e trova l’eccellenza a Montalcino. È difficilissimo portarlo ad un livello così alto, ma tanti produttori ci sono riusciti. Rimanendo uniti si può crescere ancora, sempre con una visione a lungo termine. Come nella moda, il “brand” Brunello non guarda mai all’anno prossimo, ma deve guardare 10-20 anni avanti”.