Le biblioteche del vino a Montalcino profumano di leggenda

A Montalcino ci sono delle biblioteche che profumano di leggenda. No, non ci sono i libri negli scaffali ma bottiglie che parlano di vita, di storia vissuta e in grado di raccontare in un sorso la città e le sue persone. Bottiglie che ancora oggi hanno tanto da dire perché il loro compito non finisce una volta che il sughero perde il contatto con il vetro. Nell’evoluzione del vino c’è il dna di un territorio, c’è una scoperta che si rinnova di giorno in giorno, c’è la fotografia istantanea di un periodo. “Sì, è proprio così – commenta il presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci – a Montalcino in tanti custodiamo le biblioteche del vino, bottiglie preziose che assaggiamo e di cui non smettiamo mai di meravigliarci. Sono la dimostrazione della grandezza dei produttori che ci hanno preceduto ma anche la conferma che i grandi vini rossi non si fanno in cantina ma in vigna. “Chapeau” a tutte quelle persone che hanno realizzato vini così importanti che ancora oggi ci regalano sorprese positive”. Aprire una bottiglia d’annata ci dà la conferma immediata di come a Montalcino il mestiere di fare il vino sia una forma d’arte che si tramanda di generazione in generazione. Così è oggi e così era quando le tecnologie moderne di produzione erano ancora delle sconosciute. “Rimane un piacere insuperabile assaggiare un Brunello d’epoca – continua Bindocci – certo, non tutti hanno la fortuna di custodire in cantina annate molto vecchie ma chi le possiede ha tra le mani un bene che va oltre la singola persona perché coinvolge l’intera denominazione”. E poi in futuro anche le aziende più giovani avranno la possibilità di allargare la propria biblioteca del vino e questo patrimonio diventerà un “testamento” ancora più ricco di un vino e di un territorio che sono un’entità unica.