L’export fa crescere i fatturati 2012 per il vino italiano

Secondo un sondaggio della www.winenews.it, uno dei siti di comunicazione più cliccati del mondo del vino italiano, il 76% delle aziende vinicole più importanti d’Italia archivia il 2012 con un bilancio positivo, registrando una previsione al rialzo dei fatturati, che, in media, si attesta su un +4% sul 2011 e il futuro, per il 95% delle cantine tricolori che esprime un “sentiment” positivo, sembra essere roseo anche per il 2013. Almeno così la pensano 30 tra le realtà enologiche più importanti d’Italia per storia, immagine e per volume d’affari.
Il comparto vitivinicolo italiano non è, evidentemente, un’astratta isola felice, ma di certo rimane distante dalle crisi profonde degli altri comparti, almeno tra le sue realtà leader. Lo scivolone dei consumi interni (ormai ben al di sotto della soglia “psicologica” dei 40 litri procapite) ha aperto qualche crepa nel muro, ma la solidità imprenditoriale del mondo del vino tricolore non è in discussione. Soprattutto grazie alla forza dell’export che, a chiusura 2012, dovrebbe attestarsi tra 4,6 e 4,7 miliardi di euro (record storico), con volumi intorno ai 21-21,5 milioni di ettolitri (stime su dati Istat). Il comparto del vino made in Italy sembra, insomma, saldamente agganciato a quei beni, come la moda, per fare l’esempio più macroscopico, che continuano a rappresentare, peraltro con una confortante continuità temporale, il meglio dell’offerta del made in Italy nel mondo e quella dall’appeal più irresistibile, malgrado la congiuntura sfavorevole.
Un ottimismo ulteriormente confermato dal 38% delle aziende sondate da WineNews che “sentono”, senza se e senza ma, molto positivo il 2013 e da un 57% comunque moderatamente ottimista: un “penso positivo” ormai, e probabilmente con qualche riflessione da operare sul piano strategico complessivo, determinato sempre più inequivocabilmente dall’export. Un “peso” quasi totalizzante, visto che, per il 95% del campione, il 2012 è stato un anno all’insegna delle crescenti vendite fuori dai confini nazionali, con un +13% sul 2011, in media, in termini di aumento di fatturato.
Le 30 cantine italiane, sondate dall’inchiesta WineNews non rappresentano un “campione scientifico”, ma si tratta comunque di un autorevole panel di aziende che sintetizza quella realtà più consolidata del comparto, composta dai marchi già affermati sui principali mercati esteri e in grado di “mordere” quelli nuovi grazie a reti commerciali solide e articolate.
Le performance più interessanti per le 30 aziende che fatturano insieme 2 miliardi di euro giungono nel 57% dei casi dalle vendite negli Stati Uniti, mercato storicamente di riferimento per il vino italiano, maturo secondo alcuni, ma che ha ribadito il suo ruolo fondamentale per le etichette del Bel Paese, nonostante la crisi che anche da New York a Los Angeles ha colpito forte. Si tratta di un mercato in cui il consumo di vino è ancora basso e, nonostante quello che si possa pensare, esistono dei margini di crescita ulteriori. In più, il vino italiano è sugli scaffali e nei ristoranti d’Oltreoceano ben posizionato e possiede una rete “culturale” e commerciale ormai consolidata. Un altro Paese dell’aria nord americana, il Canada, rappresenta per il 47% delle aziende sondate un terminale decisamente interessante. Il 38% del campione individua nella Russia un mercato in crescita e dalla domanda reattiva, specialmente nel “gioco” dei brand del luxury wine. Torna a far parlare di sé il Giappone (per il 28% delle cantine) un mercato che, probabilmente rappresenta ancora l’hub principale del vino italiano in Asia. La scommessa con il mercato cinese, i cui margini di espansione sono evidenti, ma, per il momento, altrettanto evidenti sono le sue criticità, è per il 28% delle imprese del vino italiano decisamente performante. Conferme di vitalità commerciale dal Nord Europa (per il 23% del campione) e dalla Germania, altro storico mercato per le etichette tricolori che resta fondamentale per il 19% delle aziende. L’Asia, nel suo complesso, offre buone performance commerciali per il 9% delle cantine sondate da WineNews, insieme alla Gran Bretagna, mercato storico, ma, forse, specie nel recente passato, un po’ meno vivace.
Passando ai meno “soddisfatti”, sono il 19% le aziende vinicole che hanno dichiarato una stabilità previsionali dei propri fatturati sul 2011 mentre sono il 5% quelle che invece prevedono una chiusura 2012 in flessione anche se leggera e, con la medesima percentuale, quelle che denunciano un “sentiment” negativo verso quello che accadrà nel 2013. Ancora una percentuale del 5% è quella delle cantine che ha registrato una flessione nelle esportazioni, quantificabile in un -10% sul 2011. A causare questo rallentamento, gli scambi commerciali con la Germania (23%), con il Nord Europa e la Gran Bretagna (14%), con l’Australia, il Nord America e la Svizzera (9%). Dal punto di vista geografico risulta evidente il rallentamento dei paesi europei e qualche cedimento nel Nord America, che duplica le criticità prodotte dalla crisi mondiale a partire almeno dal 2009.
Discorso a parte merita il mercato interno, dove il campione si spacca in due: per il 42% delle aziende intervistate da WineNews, anche le vendite entro i confini nazionali sono cresciute nel 2012, con una percentuale media del 9%. Il 47%, invece, dichiara una flessione con un decremento medio del 7%. Stabili le vendite per l’11% delle cantine sondate. Che il mercato italiano rappresenti una criticità pare sia un dato ormai più che consolidato. Ma a pesare non sono soltanto gli effetti della crisi. Il nuovo regime dei pagamenti anticipati di recente introduzione aggiunge nuove difficoltà, specialmente nel classico canale distributivo dell’horeca, nel quale persiste una mancanza di liquidità. Cambiano nel Bel Paese anche gli stili di vita e sembra in atto una vera propria “mutazione antropologica” che sta progressivamente spodestando la bottiglia di vino dalla sua posizione storicamente predominante. Un fenomeno che non sembra limitarsi soltanto allo stivale, ma che sta interessando anche le altre “patrie” del vino, a cominciare dalla Francia.
Se sul “fronte dei numeri”, il comparto vitivinicolo del Bel Paese non sembra soffrire più di tanto l’obbiettiva difficoltà dell’attuale congiuntura, il che può fare presumere ad un 2013 senza una sostanziale preoccupazione, è evidente che lo sguardo verso il futuro degli imprenditori del vino non può non tenere conto delle possibili criticità che sempre possono presentarsi o acuirsi. Ecco allora che, per il 38% delle cantine sondate da WineNews, resta viva l’attenzione sulle incognite economiche, per il 33% il rischio di una perdita di competitività sui mercati internazionali, per il 28% le incognite derivanti dalla politica, insieme al peggioramento ulteriore della crisi globale in atto. Il 25% del campione intervistato da WineNews, invece, continua a temere la concorrenza, specie sui mercati internazionali, insieme alla persistenza della debolezza dei consumi. Il 9% pone, invece, l’accento sui problemi valutari, guardando alla non ancora recuperata solidità dei mercati finanziari internazionali.

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