Vendemmiare nel XVI secolo

Nei secoli passati, la raccolta dell’uva poteva avere inizio solo dopo la data fissata dallo statuto della comunità o dopo l’emissione di un apposito bando delle autorità locali. Questa previsione agevolava il controllo pubblico sulle operazioni e ne garantiva un andamento più regolare, scoraggiava i furti, limitava il rischio di raccolte fuori tempo e regolava il mercato del vino. A Montalcino, nel giorno della festa di Santa Croce (il 14 settembre), i Priori erano soliti convocare il Consiglio generale, affinché deliberasse in merito alla data di inizio della vendemmia. Quanto veniva deciso dall’assemblea doveva essere mandato ad esecuzione e nel caso non fosse stato raggiunto un accordo si poteva dare inizio alla vendemmia, limitatamente a quei terreni posti fuori dai confini. Qualora il mancato rispetto della normativa fosse stato scoperto e denunciato, l’infrazione veniva sanzionata con il pagamento di una pena pecuniaria (cinque lire di denari). Un notaio, che poteva essere scelto tra i notai montalcinesi oppure poteva trattarsi di un forestiero, si impegnava a controllare le accuse promosse e ad emettere eventuali provvedimenti di condanna. Il suo salario era fissato dallo Statuto comunale in lire cinquanta di denari, così come la durata del suo incarico (sei mesi) e l’inizio (rispettivamente a gennaio o luglio). Il notaio si impegnava ad operare con diligenza, fedeltà e senza frode nel fare le accuse e comminare le sanzioni. Al termine del suo incarico, il lavoro svolto nel semestre appena concluso veniva controllato da un collegio di Sindaci convocati dal Consiglio generale, così da verificare la regolarità degli adempimenti.