I vigneti d’oro dei più celebrati vini tricolori

“Comprate terreni. Non ne fabbricano più”. Mark Twain lo diceva già nell’America dell’Ottocento. Ma nell’Italia di oggi la terra da comprare è soprattutto quella coltivata a uva. E non si parla di uve qualsiasi, ma di quelle da cui si ricavano i più celebrati vini tricolori, esportati in tutto il mondo e in grado di strappare quotazioni d’eccezione sui mercati internazionali. Così, se i prezzi del mattone sono negli ultimi anni precipitati, quelli dei vigneti hanno resistito impavidi alla crisi. E anzi, con un aumento del 28% dall’inizio del millennio (fonte: Istituto nazionale di economia agraria), si sono rivelati tra i migliori beni rifugio. Secondo l’Inea in Italia il prezzo medio di un ettaro di terra coltivata (un ettaro corrisponde all’area di un quadrato con 100 metri di lato) si aggira intorno ai 20mila euro. Il valore di un ettaro di vigna è invece quasi doppio e tocca quota 36mila euro. Ma le medie, si sa, non dicono tutto, e per capire fino in fondo la corsa delle quotazioni dei super-vigneti bisogna guardare ai dati di dettaglio raccolti da ‪‎Winenews‬.it, uno dei più cliccati siti del settore, che ha preso in esame le zone di origine dei vini più pregiati.
“Se il benessere di un settore si vede dalla vivacità degli investimenti – ha spiegato Alessandro Regoli, direttore di Winenews.it, a Il Giornale – il vino italiano sembra godere davvero di ottima salute.
Ma come si spiegano le quotazioni monstre dei grappoli d’oro italiani? Una prima risposta è quella legata al successo del made in Italy alcolico. Mentre il consumo interno è in continuo calo, un pò per colpa della crisi un pò per le nuove abitudini di consumo, l’export cresce anno dopo anno. Nel 2014 su una produzione vinicola che ha superato il valore di 9,4 miliardi, più di 5 sono finiti all’estero. Il settore sta completando un lungo processo di professionalizzazione. La grandezza media delle aziende cresce (non raggiungeva un ettaro nel 1970, sfiorai 10 oggi), anche se resta piccola in confronto alla concorrenza estera, mentre diminuisce la superficie complessiva coltivata a uva da vino: si è passati dai 970mila ettari ai 656mila del 2014. Nel1980 il semplice vino da tavola rappresentava il 90% della produzione, oggi è al 30%, il resto sono bottiglie di maggior valore. Più qualità, dunque, e meno quantità.
In attesa dell’arrivo di soldi stranieri sono però gli acquirenti italiani a mantenere alte le quotazioni delle zone di produzione. Solo negli ultimi mesi è stato un fuoco di fila di acquisizioni importanti. I grandi produttori arricchiscono il portafoglio di prodotti per aumentare il tasso di crescita della propria azienda. E spesso sono protagonisti di altri settori a darsi da fare: Giorgio Rossi Cairo, con la sua ValuePartners superconsulente di grandi colossi dell’industria italiana, ha acquistato in gennaio una grande azienda vinicola, Cascina Cucco, a Serralunga. Il gruppo farmaceutico ‪Angelini‬, da 20 anni attivo anche nella produzione vinicola (dall’Amarone al Chianti fino al ‪Brunello‬), si è aggiudicato lo storico marchio Fazi Battaglia (150 ettari nella zona classica dei Castelli di Jesi, prevalentemente dedicati al Verdicchio). Ultimo a scendere in campo, stando alle indiscrezioni raccolte da Winenews, è stato l’imprenditore italoargentino Alejandro Bulgheroni, uno dei maggiori operatori nel settore dell’ energia in America Latina. Bulgheroni starebbe acquistando una tenuta nella zona di Bolgheri. L’investimento viene valutato trai 15 e i 20 milioni di euro. Solo briciole per uno degli uomini più ricchi del mondo, con un patrimonio di 5,5 miliardi di dollari.