In ricordo di Giacomo Tachis, parla Giampiero Pazzaglia

Il mondo del vino italiano e non solo ha perso un protagonista assoluto: Giacomo Tachis, l’artefice tecnico del “Rinascimento” enologico tricolore. Con la sua morte, se ne è andato uno dei “padri fondatori” dell’enologia italiana e tra gli uomini che hanno cambiato il corso del vino del Belpaese, sprovincializzandolo e consegnandolo al successo mondiale.
Giacomo Tachis, arrivato sulle colline di Montalcino, iniziò a vestire i panni dell’enologo per la tenuta di Argiano della Contessa Noemi Marone Cinzano, ma in seguito preferì vestire completamente i panni del consulente esterno muovendosi tra cantine toscane e non.
“Un maestro. È stato il personaggio che ha arricchito maggiormente la mia vita professionale. Ho collaborato con lui dal 1992 al 2002 ed in questo periodo ho potuto conoscere e apprezzare la sua grande conoscenza professionalità. Un grande personaggio, ulteriormente arricchito dalla sua estrema umiltà. Pretendeva tanto dai vini ed era molto severo nelle sue valutazioni e questo lo portava a selezionare le sue produzioni in maniera rigorosa. Talmente severo che, se gli piaceva un vino, era un vino da 100/100. Ha fatto sposare il vino al legno. Un amante dei blend bordolesi con una grande conoscenza del legno piccolo, di cui è stato il pioniere”. Così lo ricorda Giampiero Pazzaglia, per molti anni alla guida di Argiano Srl in veste di direttore generale.
Giacomo Tachis, forte di una cultura, di una conoscenza e di una sensibilità straordinarie, nel labirinto dell’insuccesso in cui l’Italia vitivinicola sembrava intrappolata, ha saputo cambiare. Ipotesi, concetti e tesi innovative, nate dalla conoscenza del passato, hanno descritto il suo cammino. Un cammino in cui l’enologo piemontese è sempre rimasto con i piedi ben piazzati a terra, nella consapevolezza della forza della natura, tanto da poter sintetizzare il tutto in un’affermazione che resta immortale: “il vino è l’interpretazione umana dell’uva”.