Caparzo e Civita insieme nel sostegno dell’arte italiana

Civita, associazione da anni impegnata nella tutela del patrimonio artistico italiano, incontra un collaboratore insolito per il progetto “Civitas”: Caparzo, azienda vitivinicola di Montalcino che quest’anno spegne 45 candeline e festeggia 40 anni di Brunello, guidata da Elisabetta Gnudi Angelini.
Da questa alleanza prende vita l’omonima linea prodotta dall’azienda, che dedica a Civita tre prestigiosi vini per sostenerla nella valorizzazione del patrimonio artistico nazionale.
Due mondi storicamente legati da una particolare sinergia (quanti Bacchi dipinsero geni come Caravaggio, quanti ne scolpirono altrettanti come Michelangelo, quante nature morte tinte dai toni bruni degli acini d’uva…) questa volta si fondono in un’unione tutta singolare e il vino, da sempre espressione culturale del nostro Paese, si congiunge all’arte in un progetto finalizzato al restauro e al recupero di importanti opere italiane.
Fanno parte della linea il Brunello di Montalcino Docg – invecchiato tre anni in botti di rovere e dal gusto morbido e austero, esalta arrosti, carni grigliate, selvaggina e formaggi stagionati – nell’esclusivo formato Magnum, da collezione e in edizione limitata, in una raffinata confezione in rovere, è l’ideale per un regalo prestigioso; il Sangiovese Toscana Igt, prodotto con sole uve Sangiovese e affinato in botti di rovere, dal carattere giovane, ma dalla struttura consistente, l’alleato perfetto per ogni tipo di piatto; il Bianco Toscana Igt, ottenuto da uve Chardonnay (75%), Sauvignon Blanc (20%) e Gewurtztraminer (5%), fresco e caratteristico nei profumi ampi e persistenti, che ricordano il glicine e la vaniglia, compagno delicato per piatti di pesce e carni bianche.
Ogni bottiglia, proposta in una signorile confezione, veste l’elegante etichetta su cui sono riprodotti reperti dell’antichità etrusca, a ricordare che, grazie ai proventi del progetto e al sostegno di Caparzo, Civita nel tempo ha riportato all’apice dello splendore preziosi capolavori, tra cui 23 pregiate urne funerarie etrusche di età ellenistica, la quattrocentesca “Madonna col Bambino” attribuita a Piermatteo d’Amelia, la raffinata “Madonna delle Grazie e Santi” del Perugino, e la “Madonna col Bambino” di Gentile da Fabriano.
Tutta la sensualità del buon vino sposa l’universale canone di “giusta causa”, e Caparzo brinda all’arte d’Italia e al prossimo restauro!


Focus – Il vino nell’arte

Ricostruire la presenza del vino nelle vicende artistiche significherebbe percorrere oltre cinquemila anni di storia. Il vino rappresenta un bene culturale irrinunciabile, un documento fondante e vivo nell’archivio storico dell’umanità, una sacra metafora, una portentosa allegoria. Nel sacro o nel profano, il prestigioso nettare assume significati simbolici sempre importanti, e, nei Baccanali di Dioniso, primo vignaiolo, è strumento per accendere le frenesie, è l’eccesso; è la carnalità; nei riti della tradizione popolare è il magico antidoto contro povertà e malesseri; nel rito cattolico è sangue di Cristo, che consente la riconciliazione di tutte le anime. Non c’è da stupirsi se pittura e vino nella loro storia hanno avuto numerosi incontri, perchè il vino non è esclusivamente materia e colore, ma splendore e metamorfosi: botte, bicchiere, zampillo, effervescenza ma anche grappolo, paesaggio, terra e gioco. Fin dai tempi remoti, il vino è stato affidato all’immortalità della pittura. Le grandi civiltà pittoriche sono da sempre legate al vino; il vignaiolo, come il pittore, ha una sua tavolozza, ha i suoi pennelli. L’arte e il vino racchiudono in sè una natura materiale e un potere spirituale. nell’ambivalenza ecco che gli artisti interpretano il mito e l’ebbrezza, attraverso la visione attenta di personaggi dai tratti androgini, la sveltezza della gioventù del maschio e la carnosità e la rotondità della femmina. Quasi tutti i grandi pittori erano frequentatori di bettole, alcuni di essi rappresentano l’ubriachezza con uno scopo edificante, con l’intento moralistico di insegnare la virtù. Altri la rappresentano in chiave realistica e pittorica, specialmente la rappresentazione dell’ubriachezza contadina non era priva di un certo disprezzo socale. I ricchi incarnano il vizio contro la sobrietà dei lavoratori.

Focus – Il vino nell’arte nelle varie epoche
Il Medioevo è un’epoca di splendore per il vino e per la storia della viticoltura in Italia. La produzione artistica tardo-gotica rappresenta una fonte unica e straordinaria per l’immagine del vino. Preziosi libri d’ore, calendari astrologici e libri dei mestieri ritraggono con precisione di dettagli il lavoro nei campi e le attività quotidiane nelle diverse stagioni. Un esempio interessante è rappresentato dal mese di marzo di Francesco Cossa. Cinque uomini sono intenti a potare le viti. Nei cicli pittorici si trovano spesso scene di vendemmie, costruzioni di botti, lavoro nelle vigne ed in cantina.
Raramente gli artisti omettono il vino, in forma di coppa o di brocca, nelle composizioni comunemente chiamate Nature Morte. Qui il vino assume due significati contrapposti: uno positivo e l’altro indubbiamente negativo. Il liquido è simbolo di meditazione, macchia di colore intensa, allegoria di vita tranquilla, ricchezza e sfarzo. Allo stesso tempo è metafora di invecchiamento lento, inteso come morte, di vanità, di ubirachezza. In genere, se si osserva bene una natura morta, si vede alzarsi in volo una farfalla proprio dal grappolo d’uva; ciò sta a significare l’anima che si allontana dalle cose materiali ed effimere come i divertimenti.
Il vino nei ritratti, invece assume le sembianze di una conversazione intima a due: il bicchiere e la persona raffigurata. Prevale ancora il simbolo di vino come meditazione. La donna non viene mai rappresentata da sola con un bicchiere di vino quando accade è uno spettacolo inquietante; il vino diviene simbolo di una vita persa di un amore perso e di solitudine.
Il vino e l’amore, l’ebrezza e lo smarrimento; il vino disinibisce toglie i freni della ragione e libera le gioie della carne. Pranzi sontuosi, colazioni all’aperto, balli e non solo. Il vino diventa il “ruffiano” delle giovani coppie.
L’altro lato del vino, poi, è quello triste. Il vino come simbolo del male di esistere, di solitudine e di povertà. Il vino, in alcuni casi, diventa il mezzo del proibito, di corruzione e anche di incesto.
Brunello, a record-setting wine: not only because of its fame and qualitative excellence acknowledged worldwide, but also from a legislative standpoint. As early back as 1932, the Board of the Ministry of Agriculture decided that the name Brunello could be used exclusively for wine produced and bottled in the Municipality of Montalcino, a territory with an optimal microclimate and a particular physical-chemical structure. A sort of DOC ante litteram (or De.Co, the Municipal Denomination of Origin conceived by Luigi Veronelli), that recognised the peculiarity of the territory. More recently, in 1966, Brunello was one of the first wines to obtain the Denomination of Controlled Origin (DOC) in Italy. Above all, it was the first Italian wine to receive the Denomination of Controlled and Guaranteed Origin pursuant to Italian Presidential Decree of 1st July 1980. Montalcino is also the first case in Italy from which a single vine species can produce two wines with denomination of origin: Brunello and Rosso di Montalcino.