Il Poggione: tra biodiversità e Brunello, il ritorno alla fattoria

La cantina Il Poggione, una delle storiche cantine nel territorio di Montalcino, famosa per il suo Brunello ma anche per il suo approccio, portato avanti sin dalla sua nascita, alla biodiversità. Una fattoria in piena regola che ha scelto, dal 1890 quando venne acquistata da Lavinio Franceschi, di concentrarsi non solo sulla coltivazione della vite, anche se la vinificazione è il core business, ma di diversificare l’agricoltura al fine di sviluppare la biodiversità.

Su 590 ettari di terreno, solo 130 ettari sono coltivati a vigneti mentre il resto è piantumato con alberi di ulivo, cereali e boschi ma anche bestiame, composto da vacche Limousine, maiali e pecore che mangiano principalmente i prodotti dell’azienda. Inoltre, nella maggior parte dei casali dove vivono gli operai, ci sono pollame e orti, da cui si ottengono verdure fresche per la maggior parte dell’anno.

Una sorta di salto nel passato, a quando, nel periodo preguerra a Montalcino non esistevano solo vigna e vino ma, al contrario, quello che oggi è diventato il maggior business del territorio era forse meno importante di altre colture.

“Le viti sono importanti – si legge – ma è altrettanto importante avere la diversità nell’ambiente in cui viviamo e lavoriamo, allo scopo di preservare e, laddove possibile, migliorare per noi e per le generazioni future”. Una filosofia, quella della famiglia Franceschi che dal 1890 possiede Il Poggione a Montalcino, che si rivela anche nell’utilizzo di pannelli solari, che permettono di operare in cantina quasi auto-sufficientemente con il minimo impatto ambientale, e nell’utilizzo di prodotti chimici a basso impatto nei vigneti e fertilizzanti che vengono utilizzati anche in agricoltura biologica.