La storia di Tenuta San Giorgio, l’altro gioiello del Gruppo ColleMassari nella terra del Brunello

Il grande proprietario terriero che mette in vendita parte dei suoi possedimenti e i contadini che da mezzadri diventano piccoli imprenditori: la storia di diverse aziende di Montalcino è anche quella di Tenuta San Giorgio, podere di proprietà dei Ciacci Piccolomini d’Aragona riscattato da una famiglia di contadini nel 1982, passato poi a una famiglia tedesca (che nel 1985 produce le prime bottiglie di Brunello), a Guido Folonari e, nel dicembre 2016, al gruppo ColleMassari dei fratelli Maria Iris Tipa Bertarelli e Claudio Tipa, che già controllavano nella terra del Brunello Poggio di Sotto, oltre a Grattamacco a Bolgheri e Castello ColleMassari nella zona del Montecucco.

Situata a Castelnuovo dell’Abate, San Giorgio conta 26 ettari di vigneto (23 a Brunello e 3 a Rosso di Montalcino), 26 di oliveto e altri 90 di seminativo e bosco. “Siamo sullo stesso livello di Poggio di Sotto – spiega Giampiero Pazzaglia, direttore generale di ColleMassari – ma c’è una diversa esposizione. I vigneti sono anch’essi dislocati fra i 250 e i 400 metri però guardano ad est e sud-est, verso l’Amiata e la Val d’Orcia. E anche i terreni, di origine tufacea, sono differenti. Ci sono i calanchi, le biancane e sedimenti pliocenici con conchiglie e fossili che risalgono a milioni di anni fa. Tutto ciò influisce sul prodotto finale. I vini di Poggio di Sotto si contraddistinguono per eleganza, finezza e nobiltà, piacciono a un palato più esigente e particolare. Quelli di Tenuta San Giorgio hanno più calore e rotondità, sono più internazionali e piacciono a tutti”.

75.000 le bottiglie di Brunello prodotte annualmente, 20.000 quelle di Rosso di Montalcino (l’annata 2020 sarà la prima certificata biologica). “Entrambe le etichette – racconta Pazzaglia – sono legate a dei nomi particolari, dati dai precedenti proprietari. Il Brunello Ugolforte è dedicato a un brigante che nel XII secolo guidò la rivolta di Montalcino contro Siena, mentre il Rosso di Montalcino Ciampoleto si riferisce al termine che i nobili davano ai poderi migliori.

L’export di Tenuta San Giorgio vale il 60% e interessa soprattutto Usa e Canada, seguite dal mercato asiatico, Europa (tra le altre Germania, Inghilterra, Danimarca, Svezia, Polonia), la Russia e le Repubbliche baltiche. Anche qui si riscontrano delle differenze con l’altra azienda di Brunello. “I mercati sono gli stessi ma i consumatori diversi – continua Pazzaglia – Poggio di Sotto raggiunge le tavole della ristorazione di alto livello e i privati, a giugno avevamo già finito il prodotto. San Giorgio segue più il canale Horeca, in particolare il Nord America, ma anche qui siamo vicini al vendere tutti i vini usciti quest’anno sul mercato. Nel complesso il Gruppo ColleMassari a fine ottobre ha registrato un -2,5% di fatturato e un -15% di volumi rispetto al 2019. Tra luglio e settembre abbiamo recuperato bene, la mazzata di adesso ha creato qualche problema. Montalcino è il traino del gruppo vitivinicolo, non ha risentito più di tanto dell’effetto Covid. Il nostro focus sul Brunello è molto alto, abbiamo un’attenzione forte verso quella che è una delle denominazioni più importanti al mondo”.