Biodiversità e coltivazioni: riflessioni e considerazioni

“Il paesaggio, si sa, è un qualcosa di mutevole che cambia con il passare del tempo ma anche grazie (o per colpa) dell’intervento dell’uomo e se, dal Medioevo a non molti anni fa, il paesaggio di Montalcino non ha subito enormi cambiamenti, oggi, la coltivazione intensiva di Sangiovese, ha modifiato, il territorio del Brunello, a scapito di una coltura promiscua e in favore di logiche economiche”. Così Giuliano Pinto, professore all’Università di Firenze, ha descritto il paesaggio toscano, e più in particolare quello di Montalcino, con il suo intervento “Origini e sviluppo del paesaggio viticolo toscano” durante il convegno “I paesaggi del vino, fra storia e attualità” organizzato dal Centro di Studi per la Storia delle Campagne e del Lavoro Contadino. Un excursus tra i secoli, dal Medioevo fino ai giorni nostri, per indagare sulle campagne, l’agricoltura e la coltivazione della vite, nel quale si è inserito anche Stefano Cinelli Colombini, noto produttore di Brunello che, in riferimento alla biodiversità ha detto: “non possiamo competere dal punto di vista produttivo con altri paesi e zone che nel mondo producono vino ma dalla nostra abbiamo un prodotto che racchiude in sé, non solo un ottimo gusto ma anche una storia e una cultura che altri Paesi non possono vantare. La coltura promiscua dei secoli scorsi non era culturale ma di bisogno: oggi se a Montalcino si produce il miglior Sangiovese al mondo abbiamo il diritto e l’obbligo di dedicarci nel modo migliore a questa produzione. Abbiamo l’obbligo culturale di mantenere la memoria della biodiversità ma oggi non si può più parlare di coltura promiscua oggi dobbiamo aprirci ad una biodiversità per zone di vocazione”. Due modi di leggere la storia e due diverse visioni sull’intervento dell’uomo sulla natura.