Da Castello Banfi e da Montalcino parte la sfida al climate change

Come vincere la sfida dei cambiamenti climatici? Una risposta arriva da Montalcino e precisamente dalla Castello Banfi, azienda da sempre sensibile all’innovazione a alla ricerca. Ormai è ben noto che il vino risente particolarmente del “climate change” con l’innalzamento delle temperature che è un fenomeno reale e con orientamento “tropicale” anche in Italia. Per vincere la battaglia del cambiamento climatico Castello Banfi ha deciso di rilanciare il suo impegno nella sperimentazione di nuovi vitigni con l’obiettivo di raggiungere la “sopravvivenza naturale” della pianta. Le ultime ricerche hanno affidato a 25 varietà di vitigni le speranze di contrastare il “climate change” che anche in Toscana ha portato negli ultimi anni a piogge più abbondanti e caldo intenso. Una sfida che è già iniziata e che si ricollega alla storia aziendale dove la ricerca ha sempre avuto un ruolo di primo piano. Come negli anni Ottanta quando la Castello Banfi, con il professor Attilio Scienza e l’enologo Rudy Buratti, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, effettuò un esperimento su 650 cloni di Sangiovese, che diede una spinta ad una conoscenza più approfondita del vitigno da parte del mondo del vino, approfondita poin dal 2017 con il lavoro della “Sanguis Jovis – Alta Scuola del Sangiovese”. L’ultima sperimentazione sulle nuove varietà è iniziata nel 2016, in due vigneti a Montalcino frontali tra di loro (entrambi di un ettaro e mezzo) ma ad altitudini differenti: il primo in pianura il secondo in collina. Una scelta che punta ad analizzare i risultati in due contesti diversi. “Gli obiettivi – ha detto Gianni Savelli, responsabile agronomico di Castello Banfi – sono trovare varietà resistenti, salvaguardare l’ambiente ma anche gli operai in vigna, grazie ad un minor numero di trattamenti. Di tutto ciò ne trarrà beneficio il consumatore finale. La nostra ricerca è focalizzata sulle varietà resistenti alle principali malattie. Dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, con cui collaboriamo da anni, abbiamo preso dieci varietà, due iscritte al registro nazionale (Iasma Eco 1 e Iasma Eco 2, ndr) e otto in esclusiva che per la prima volta sono state inserite a pieno campo. Scelte che vogliono costruire una barriera efficace contro la Botritis, grazie agli acini a buccia spessa, ma che guardano anche alla ricerca di nuovi mercati. Ma non ci siamo fermati qui perché contro il cambiamento climatico siamo andati a cercare nuove varietà che non sono ancora autorizzate in Toscana: ne sperimentiamo 25, di cui 17 a bacca nera e 8 a bacca bianca. Lavoriamo per innovare”. Altro aspetto su cui Castello Banfi si sta concentrando sono “i portainnesti, la cui ricerca si è fermata al Novecento. Ne abbiamo messi quattro – continua Savelli – vogliamo progredire anche su questo aspetto. Quando arriveremo ai primi risultati? La vendemmia 2020 coinciderà con il primo anno di raccolta, passati tre anni obbligatori con i controlli e le verifiche di rito faremo le nostre valutazioni e decideremo se è il caso di richiedere l’iscrizione all’albo nazionale o regionale”.